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dal Blog

richiami @ All Right Reserved 2022

Affrontare un viaggio

2022-02-17 18:41

Fabrizio

TERRA,

Affrontare un viaggio

Prima o poi il Tempo scade, arriva il momento di partire,..L'Appennino è sempre stato laterale al mio paesaggio...

Domenica 23 gennaio 2 0 2 2

 

Prima o poi il Tempo scade, arriva il momento di partire, fino all’ultimo minuto rimando di organizzarmi per il viaggio da fare.

Era molto tempo, anni, che non mi rimettevo in cammino.

 

L’Appennino è sempre stato laterale al mio paesaggio, ho sempre preferito, per attrazione ancestrale, le Alpi Apuane, è l’Ovest che mi attrae è il sole che sparisce sull’ultimo paesaggio, è la roccia da superare, è acqua di un mare vasto e spianato da luci orizzontali, è conquista  per la sopravvivenza, è nascondiglio e traditore, sopravvivenza per chi sa collegare il sapere alla realtà, è il desiderio di saperci stare di essere di quella forgia.. Sarà il desiderio o l’appartenenza?

Non lo so, mi devo accontentare dell’immaginazione o meglio della sensazione, sono uno di loro.

Invece questa volta le storie che vado a percorrere sono quelle dell’Appennino, dolce, verde, disponibile, roba da turisti della domenica pomeriggio. 

No! Non è così.

 

Parto una mattina all’inizio del 2022 quando ancora la luce del sole è in America e affidandomi all’istinto infilo l’essenziale nello zaino, allaccio gli scarponi inariditi e con prepotenza esco di casa, nel buio, nella brezza fredda che abbonda prima del sole.

Salgo in auto, faccio spazio ai compagni dopo il contatto appena fatto in penombra, poche parole, sguardi complici, si parte.

L’automobile è un mezzo che ci accorcia drasticamente il racconto così dopo un’ora di guida siamo sul passo. Duemila e duecento anni prima era Silla il Romano che passava di lì dopo aver risalito il fiume Serchio e costretto a fermarsi qualche tempo per riposarsi dalle abbondanti nevi che impedivano il cammino, nasce così Sillano il paese che precede il Passo di Pradarena detto Pratoreno.

Ora dopo un breve controllo e un frizzante risveglio si parte con tranquilla certezza. La neve dopo i primi scricchiolii si sfonda, il passo è subito ragionato e violenta l’idea ancora veloce, disponibile, fresca. Il percorso è quasi spontaneo, tracciato.

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La faggeta inizia il suo racconto esaltato dal pavimento bianco, levigato e perfetto, a questo nuovo scenario imponente e silenzioso arriva il primo raggio della stella, un senso di calore ci rasserena lo sguardo curioso d’orizzonte che tarda ad arrivare. Abituati al vivere si spazzano i dubbi dell’istinto che sempre più pressante suggerisce consapevolezza.

L’inverno è lontano e fatico.

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L’acqua scorre all’improvviso per me, non per le pieghe della montagna… ma dove va? Più avanti ricompare, inizia a tracciare dei percorsi più scuri tra le foglie, scende e poi sparisce è così che trovo l’acqua mentre si sposta per riunirsi più a valle. 

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Il paesaggio è levigato dalla neve che ancora mi permette di avanzare verso la vetta, quella del Monte Sillano nell’Appennino Tosco Emiliano, dice che da li nasce il fiume.

In quella mattina assolata di gennaio i pericoli sono invisibili, invalutabili  per chi come me vive con gli umani civilizzati, tutto sembra bello e meraviglioso e questo spesso ci basta.

La gioia è maestosa ma il corpo inizia ad asser logoro, bisogna percorrere una via ideale e visibile. La poca neve irremovibile mi obbliga a valutare le mie energie che iniziano a farsi spazio tra le emozioni panoramiche.

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La certezza è un baluardo che inizia a mostrare il suo opposto, una sosta, due, tre, ad ogni passo in avanti è l’idea del ritorno che mi appare. Il versante Emiliano dell’Appennino percorso a piedi non lo conosco i panorami si, è così che mi oriento. Girare ad est del monte per raggiungere il suo crinale. I compagni di viaggio sono avanti, li vedo e mi prendo immagini da questo paesaggio sconosciuto, sono nuovi punti di vista del solito monte. Mancano poche centinaia di metri a raggiungere la cresta, su un crinalino pieno di neve che ci conduce visivamente all’ultima terra quella più alta.

La sosta, un po ' di bivacco per riprendere energia e via al tratto finale quello straordinariamente impossibile, un boccone amaro… tramutare tutta quell’energia e bellezza in un viaggio di ritorno con la delusione di non aver raggiunto la cresta e il suo panorama ora celato. E’ andata così, è bastato che l’ultimo passaggio fosse impraticabile per ghiaccio a cui non eravamo preparati per negarci la visione programmata.

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Il rientro con il panorama inverso è stato lungo, il tempo peso da digerire, il desiderio mutato.

La prima tappa ci ha regalato il fallimento.